Ma facciamo un attimo un passo indietro, per chi sente questa parola per la prima volta o ne ha letto in giro ma non ha ben capito di cosa si tratta.
Cos’è il CoderDojo
CoderDojo è una comunità internazionale di volontari che si riuniscono in club locali per insegnare la programmazione ai ragazzi con età compresa tra i 7 e i 17 anni. Sul web qualcuno lo definisce anche “rete” o “movimento”, ma il fulcro della questione è che si tratta di volontari indipendenti che si organizzano localmente per dare un contributo concreto all’alfabetizzazione digitale.
Il movimento nasce nel 2011 da un’idea di James Whelton e Bill Liao. James era all’epoca un giovanissimo programmatore venuto alla ribalta per aver hackerato un iPod Nano. Bill, invece, un noto imprenditore seriale, investitore e filantropo. Alle capacità tecniche del primo si aggiunse la visione del secondo e, in pochi mesi, nacque il primo CoderDojo a Cork, in Irlanda.
Due anni dopo, vista la crescita imponente dei club locali, James Whelton decise di creare una fondazione con lo scopo di supportare, scalare e rinforzare la comunità dei CoderDojo nel mondo. E così, a metà 2013 nacque, in Irlanda, la CoderDojo Foundation.
Ho parlato volutamente di “supporto” perché i club locali sono totalmente indipendenti, sia dal movimento che dalla fondazione.
Non ci sono regole nella creazione di un club e nello svolgimento di un dojo, ma solo una serie di “valori” ai quali ispirarsi:
- È un progetto community-driven
- Bisogna presentare la programmazione come una forza per il cambiamento
- Deve essere un ambiente creativo e informale
- I club sono indipendenti e volontari
- I dojo sono gratuiti e aperti a tutti
- È fortemente invogliata la sperimentazione di nuove tecnologie
Quali sono gli obiettivi di CoderDojo
Nella mia esperienza con CoderDojo mi sono reso conto come, spesso, dall’esterno sia difficile coglierne il senso. Durante una sessione di CoderDojo tutti i mentor, almeno una volta, si son sentiti porre delle domande come “perché lo fate?”, “ma è gratis?”, “voi cosa ci guadagnate?”.
Chi decide di percorrere una strada del genere come volontario lo fa, solitamente, perché ha una forte passione per la cultura digitale e crede che ci sia ancora tanta alfabetizzazione da fare su quest’aspetto.
È ormai idea accettata dai più che la programmazione dovrebbe entrare nei programmi scolastici fin dalla giovane età. Basti vedere l’attenzione che gli Stati Uniti hanno dato a questo tema nell’ultimo biennio e alla nascita di iniziative come code.org.
Crediamo che il modo migliore di fare alfabetizzazione digitale all’interno delle famiglie sia partendo dal basso. I bambini di oggi saranno i genitori, gli educatori, gli esperti di domani. Insegnare loro a non essere fruitori passivi della tecnologia e del digitale è, secondo noi, un investimento sul futuro.
I bambini giocano moltissimo con i videogiochi e usano tantissimo smartphone e tablet. Spesso senza supervisione dei genitori. Abbiamo imparato sulla nostra pelle che utilizzare il linguaggio dei videogiochi è il modo migliore per attirare la loro attenzione. Il processo di creazione di un videogioco da zero stimola la loro immaginazione e fa arrivare loro il messaggio che dietro la tecnologia (di cui sono solitamente utilizzatori passivi) c’è un lavoro immane che unisce creatività e logica. E i genitori, dalla diffidenza e dall’incredulità iniziale, finiscono con l’appassionarsi quasi più dei bambini.
Ad inizio di questo anno è nato il gruppo di volontari CoderDojo Salerno. Fin dall’inizio è stato importante per noi declinare l’esperienza e i valori del CoderDojo nel contesto nel quale viviamo. L’idea di trasformare il format classico in un’esperienza di respiro più ampio è nata in maniera quasi naturale, accogliendo le istanze di genitori entusiasti e curiosi, ma anche abbastanza spaventati dalla loro mancanza di conoscenza.
Ecco perché, nelle nostre sessioni di programmazione, invitiamo fortemente i genitori a rimanere in aula. In questo modo, uno o più mentor possono dedicare loro del tempo per aiutarli a capire meglio il significato di cultura digitale e delle nuove tecnologie.
Abbiamo coinvolto i genitori in incontri informali per spiegare loro il senso e gli obiettivi delle attività proposte, oltre che per sensibilizzarli sull’importanza della conoscenza degli strumenti informatici usati dai propri figli: social network, videogiochi, smartphone, programmi, etc.
In questo modo, si riesce, in un paio d’ore, a trasmettere il messaggio che chi usa il computer (o qualunque altro strumento tecnologico) non deve per forza “subire” la tecnologia ma può facilmente passare dall’altro lato della barricata, senza assolutamente essere un esperto informatico.
Quest’aspetto è importantissimo sia per i bambini che per i genitori. I bambini vengono, infatti, stimolati sia a livello creativo che sullo sviluppo del pensiero computazionale, e i genitori riescono a superare una inevitabile diffidenza rispetto a strumenti che troppo spesso, purtroppo, usano senza comprendere.
Proprio per questo motivo, dopo ogni sessione di CoderDojo, invitiamo bambini e genitori a scaricare Scratch a casa e cercare di utilizzarlo insieme applicando i concetti appresi durante la lezione.